“Per ora niente” di Matteo Conti e Michela Valentini – IVB Liceo Scientifico
A cura di Matteo Conti (IVB liceo scientifico)
Sveglia alle 6.30. Non devo fare tardi. Esco di casa con in mano il frac, cercato per tutta Roma il giorno prima. Salgo sul motorino e via! Impaziente di raggiungere il teatro dove avremmo recitato per la nostra prima volta. Un vero e proprio debutto: l’opera prima. Per tutti, anche per me. Arrivo insieme con Francesco e davanti al teatro ci sono già alcuni compagni di classe ma non vedendo nelle vicinanze né la professoressa Testone né il regista Capecelatro, facciamo una scappatella nel bar lì accanto, per fare colazione. Infatti per l’agitazione mi sono dimenticato persino di farla e il groppo allo stomaco si sta sciogliendo alla rassicurante constatazione di non esserre l’unico in preda all’ansia.
Torniamo al teatro dove ci raggiungono tutti gli altri, ma ancora non si vede il responsabile del teatro che dovrebbe aprirci. Dopo un’ora e varie imprecazioni, finalmente si spalancano le porte. Entriamo, superiamo il botteghino, scendiamo le scale e ci ritroviamo catapultati sul palcoscenico. Una dimensione nuova che ci fa un po’ impressione. Dopo un rapido briefing con il regista, andiamo nei camerini, dove si scatena la confusione. Tutti in cerca di un piccolo spazio per potersi cambiare. Indossiamo gli abiti di scena, ci aiutiamo a vestirci l’uno con l’altro. Chi indossa bretelle colorate, chi completi super eleganti, chi pigiama con pantofole. Chi si lamenta per aver dimenticato a casa un pezzo, un accessorio e gira per i camerini chiedendo aiuto. Tanti gli sfottò, le risate per vestiti che, indossati dai compagni, diventano assurdi. Noi, lì dietro il palcoscenico, nei camerini ad ascoltare consigli di amiche trasformatesi in improvvisate stiliste: sistemano tutto, papillon, capelli.
Ognuno di noi ripete in un angolo la propria parte.
Si comincia la prima prova generale con gli abiti di scena, che ci fanno sentire dei veri attori. Si prova e si riprova per l’intera giornata; cerchiamo di cambiare faccia, espressione. Impostiamo il timbro della voce, tirando fuori toni che ognuno di noi sta scoprendo di avere. Arriva la pausa per il pranzo. Finalmente! Un’ora di libertà con tanto di passeggiatina che avvia la digestione e distende i nervi. Si torna al teatro. Il grande momento è quasi arrivato, mancano solo poche ore ma proviamo e riproviamo ininterrottamente, correggendoci ed aiutandoci l’uno con l’altro a ricordare singole parole e frasi intere.
Sono le 20. Il debutto si sta avvicinando ma c’è ancora tempo per gli ultimi consigli del regista e per i decisivi incoraggiamenti della professoressa. Si va dietro i camerini, scambiandoci pacche sulle spalle e scongiuri. Ultimi ritocchi al vestito, per qualcuno una passata di trucco ma l’ansia cresce così come il timore di non ricordare più all’ultimo momento quella parte, di sbagliare pure l’entrata!
Avvertiamo dai camerini i rumori che provengono dalla platea, mentre si spengono le luci e la tensione aumenta. Un nostro amico già seduto sulla scena finge di dormire, aspettando il via. Finalmente genitori e amici sono tutti seduti, quando un improvvisato presentatore inizia a spiegare il progetto, esalta le nostre fatiche, ringrazia scuola e professori. Minuti che sembrano non finire mai, purtroppo, quando poi si fa buio e ci prende il panico. Le luci riempiono la scena e si inizia a giocare. Da dietro il palcoscenico cerco di sbirciare ciò che accade. Frammenti di spettacolo. Mentre si avvicina il mio turno, cammino su e giù dietro le quinte. Tocca a Francesco e poi a me. Respiro profondamente nel prepararmi all’ingresso in scena. Riguardo un’ultima volta il copione. Vado. Non trovo il mio scatolone: ecco, perdo il punto di riferimento. Faccio tre passi a memoria e mi ritrovo in scena, senza vedere assolutamente nulla. Non so chi mi siede di fronte. Meglio: così posso fingere di essere solo. Avanzo ancora. Adesso riesco a scorgere gli spettatori delle prime due file. L’ansia aumenta ma continuo a sciorinare il mio monologo. Mi sposto sul palco e… finalmente è finita! Tranquillo attendo la conclusione in fondo al palco, spostandomi ogni tanto secondo quanto stabilito durante le prove, ma fortunatamente la parte più difficile è passata.
Buio finale. Applausi. Facciamo l’inchino nel modo in cui ci era stato mostrato ed usciamo per recuperare le magliette dell’Ente al quale sarà devoluto il ricavato. Pochi secondi di caccia per trovarle ed indossarle. Poi siamo di nuovo sul palco. La tensione si scioglie, gli applausi riempiono la sala. Guardiamo sul palcoscenico e ci facciamo i complimenti tra noi. Torna il presentatore, invita a parlare la responsabile del centro NEMO, il regista Capecelatro, la professoressa Testone.
Altri applausi. E’ tutto finito. La sala si svuota. Noi torniamo nei camerini a cambiarci. Siamo tutti straordinariamente felici per il successo. Urla di gioia liberatorie, talmente fragorose che la professoressa ci invita a moderare l’entusiasmo, ma si capisce che è felice anche lei e ci fa i complimenti . Noi li ricambiamo. Siamo felici! Usciamo fuori dal teatro e il nostro pubblico è ancora là. Sul marciapiede parenti, amici, professori, compagni di scuola, perfino alcuni gruppi di ex alunni. Ci stanno aspettando e ci fanno i complimenti per il lavoro fatto.
Abbracci, baci, scambi di fiori e poi lasciamo il teatro. Eccoci: tutti al ristorante per una pizza in allegria. (Matteo Conti)
A cura di Michela Valentini (IV B liceo scientifico)
Noi alunni della classe 3B del Liceo scientifico del Convitto Nazionale Vittorio Emanuele II abbiamo il piacere di informare tutti dello spettacolo andato in scena il 31 maggio, alle ore 20:30, presso il teatro Quirinetta.
In questa occasione siamo saliti tutti sul palcoscenico per recitare nello spettacolo dal titolo “Per ora niente: nella vita c’è più di quello che sembra“, una stesura nata dall’intreccio di vari racconti di Dino Buzzati.
Grazie al coordinamento della professoressa Tiziana Testone, al fondamentale supporto dei genitori e alla maestria del regista Claudio Capecelatro, dopo mesi di lunga preparazione e di trepidazione, finalmente siamo riusciti ad esibirci…con grande successo.
L’evento ha assunto un valore ed un significato molto importante, perché il ricavato della serata è stato devoluto alla Fondazione NEMO, Onlus che opera all’interno del policlinico Gemelli e che si occupa di assistenza e di ricerca per malattie neuromuscolari, come la SLA. L’iniziativa è nata dalla volontà di sostenere la professoressa Maria Di Gioacchino, che da mesi assiste un suo familiare ricoverato presso il centro NEMO.
Per questo motivo la serata è stata subito accompagnata da un’atmosfera di calore e di solidarietà che si poteva respirare già dalla hall, allestita per consentire a chiunque di fare una donazione alla fondazione, fino alla platea, completamente sold-out. Qui, spettatori di ogni età, attendevano trepidanti; l’emozione aleggiava dietro le quinte, nei nostri camerini: panico, ansia da prestazione, vuoti di memoria dell’ultimo secondo. Eppure, tutti stavamo pensando solo a quel traguardo straordinario.
Quest’esperienza non ci ha permesso solamente di essere attori per una serata, ma anche, e soprattutto, di trasmettere un messaggio di solidarietà e di dare un nostro contributo. Piccolo ma Grande.